Riflessioni finali

di Antonio Karabatsos


 


Da questi dati, da queste statistiche, da queste opinioni riportate negli articoli precedenti non è possibile trarne una autenticamente propria. 

Anche uno scienziato, preso singolarmente, conosce solo alcuni elementi del gigantesco puzzle.
Si sceglie di aderire ad una od all'altra delle opinioni, perché l'una o l'altra sembrano più convincenti o coinvolgenti. Del resto, questo è uno dei principi su cui si basa la democrazia.
Il problema non è però, in questo caso, il governo quinquennale di un paese; il problema è capire se corrisponde al vero che l'uomo sta distruggendo e devastando il proprio pianeta, fino a compromettere le proprie aspettative di vita.
Chiarito tale problema, solo dopo si potranno stabilire le mosse da fare…

Ed è proprio questa ultima frase che contiene l'errore e l'illogicità peggiori. Di fronte al timore di un pericolo mortale, l'uomo dovrebbe comunque premunirsi, anche ignorando se effettivamente tale pericolo si concretizzerà.
Molti lo hanno già detto: la Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico dell'ONU, presentata nel 1992 al Summit su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro, statuì che nel caso le conoscenze scientifiche su un certo tema fossero incerte o dibattute, comunque sarebbero state attuate delle misure di precauzione per evitare guasti irreversibili.
C'è da sperare che la pressione politica esercitata dagli elettori possa modificare in tal senso il quadro della situazione.
Senza naturalmente nascondersi che alcuni movimenti potrebbero cinicamente sfruttare ed amplificare le paure degli elettori, compresa quella inerente la questione ambientale, per racimolare voti. Alle urne l'arduo responso.