La parola... ad un Ministro dell'ambiente


 

Il 28 agosto 2003, al Meeting di Rimini, ha avuto luogo una conferenza sul tema "L'ambiente come opportunità". Relatori i Ministri dell'Ambiente di Italia, Slovenia ed Algeria, ovvero A. Matteoli, J. Kopaç e C. Rahmani.
L'incontro era l'occasione per tastare il terreno sulla percezione che i politici hanno dell'ambiente e delle necessità di tutela: i soliti slogan beneducati o qualcosa di più incisivo?
Il risultato è stato piuttosto incoraggiante, specie per le lucide considerazioni del ministro sloveno.

Di esse si riportano ampi stralci, nella trascrizione fornita dal sito www.meetingrimini.org.


"La politica ambientale europea negli anni '60 e '70 è stata la risposta a una situazione di inquinamento non più sostenibile per l'ambiente. Da quest'approccio reattivo che si concentrava soprattutto sulla riduzione dell'inquinamento utilizzando delle soluzioni "a valle", la politica ambientale europea si è gradualmente evoluta in direzione di una prevenzione dell'inquinamento e incoraggiamento di un efficiente utilizzo delle risorse naturali.
Il trattato di Amsterdam prevede espressamente che lo sviluppo sostenibile sia un compito fondamentale, un obiettivo di base per l'Unione Europea; garantire lo sviluppo sostenibile richiede l'integrazione della tutela ambientale in tutte le politiche, e questo inevitabilmente si scontra con altri interessi, e anche con altri principi fondamentali all'interno della stessa Unione Europea.
Senza una risposta a questi conflitti, non sarà possibile trovare una risposta alle sfide poste dell'Unione Europea nella strategia di Lisbona.(…)
La linea guida di base per una politica integrata che si basi sull'ambiente o la sostenibilità prevede che non ci siano necessariamente contraddizioni tra la conservazione dello sviluppo economico e la conservazione della qualità dell' ambiente. Invece, lo sviluppo economico può addirittura consentire alle società di garantire un ambiente più pulito e più sano.
Lo sviluppo economico non si oppone quindi necessariamente all'ambiente. Infatti, il discorso, per esempio, di migliorare lo standard di vita va di pari passo con la conservazione e il miglioramento della qualità dell'ambiente e della qualità di vita. Questo chiaramente solleva parecchi dilemmi, in relazione a quanto accade sia all'interno dell'Unione, che nei rapporti tra l'Unione e il resto del mondo.
A questo proposito vorrei soffermarmi su tre di questi dilemmi.


1- Prima di tutto l'Unione si basa sul principio del mercato unico, però non ha una politica fiscale unitaria. Un vero e proprio cambiamento a livello di atteggiamento nei confronti dell'ambiente potrebbe essere raggiunto facilmente attraverso la tassazione o altri strumenti economici: i paesi che introducono tassi ambientali adesso, all'interno dell'Unione, vengono puniti per questo, in quanto risultano essere meno competitivi nell'ambito dell'Unione. L'utilizzo di strumenti economici è un modo efficace per raggiungere gli obiettivi ambientali, più efficace delle politiche ambientali tradizionali, che prevedevano una regolamentazione giuridica diretta di queste questioni.
Un esempio classico del fallimento dell'approccio politico di controllo è stata la tassa sulle emissioni di CO2 , proposta già nel 1992. Ancora questa tassa non è stata adottata, ma è stata introdotta singolarmente nei vari paesi; questo ha comportato grosse differenze, a livello di struttura fiscale in ambito comunitario. (…) Le ricerche macroeconomiche prevedono che le tasse ambientali potrebbero sostituire le altre tasse sul lavoro, e nello stesso tempo potrebbero portare ad un incremento dell'occupazione e a una riduzione dell'inquinamento. Le tasse ambientali rappresentano una fonte d'introito che può essere sfruttata in maniera efficiente per le spese per la tutela dell'ambiente. Però è necessario anche considerare qual è l'effetto delle tasse ambientali in termini di riduzione di altre tasse, se non di completa sostituzione di queste.
Quindi il primo dilemma, abbiamo detto, è appunto quello che esiste un mercato unico, però esistono diverse politiche economiche e fiscali.


2- Il secondo dilemma: l'Unione Europea e l'intero sistema economico mondiale si basano sul principio della minimizzazione dei costi con la massimizzazione degli utili, dei profitti; questo non favorisce affatto la prevenzione e l'eliminazione dell'inquinamento, e nemmeno lo sviluppo sostenibile in generale. Per esempio, per quanto riguarda gli appalti pubblici, in genere si dà la preferenza alle offerte più basse, anche se da un punto di vista ambientale possono essere discutibili. Il primo precedente giuridico, a questo riguardo, risale all'anno scorso: in un appalto per il trasporto urbano, la città di Helsinki ha scelto un offerente più costoso, ma più ecocompatibile. L'offerente respinto invece si è rivolto alla Corte di giustizia europea che alla fine ha deliberato a favore della città di Helsinki.
Gli appalti pubblici che intendono porre maggiore attenzione alla tutela ambientale potrebbero contribuire molto allo sviluppo sostenibile, perché gli appalti pubblici rappresentano il 14% del PIL dell'Unione, che equivale a oltre mille miliardi di euro.
Quindi, perché per esempio i criteri ambientali non possono far parte di un appalto pubblico, cosicché per esempio, non so, un edificio per uso amministrativo potrebbe utilizzare la minor quantità possibile di energia e di acqua oppure materiali ecocompatibili, risorse rinnovabili per riscaldamento, i pannelli solari? I requisiti ambientali potrebbero essere individuati anche per la gestione dei rifiuti: per esempio, quando si acquistano detergenti, si potrebbe cercare un offerente di prodotti ecocompatibili: questo non riguarda soltanto il governo nazionale, ma anche tutta l'amministrazione pubblica. Per esempio, perché le scuole e tutte le altre istituzioni non potrebbero soltanto acquistare prodotti biologici dai produttori più vicini?
Un altro caso simile è la produzione agricola a basso prezzo, che danneggia l'ambiente e riduce la biodiversità. Gli agricoltori ricevono enormi sussidi statali per produrre quantità eccessive di cibo e decidono quindi favore della monocoltura. E poi lo Stato deve successivamente investire somme enormi per porre rimedio alle conseguenze dell'inquinamento causato dall'agricoltura intensiva. 
Allo stesso tempo abbiamo una soluzione alternativa a disposizione, cioè l'agricoltura biologica, che sicuramente è più costosa, ma non causa inquinamento e può dare addirittura beneficio all'ambiente, mentre la resa risulta essere soddisfacente.

Che cos'è che quindi ha più senso dal punto di vista economico? La politica agricola a livello di Unione, già dall'inizio, non ha mai interamente seguito i principi di mercato, e quindi non lo dovrebbe fare nemmeno oggi. L'approccio del Commissario Fishler rappresenta un passo in questa direzione, però la lobbie di coloro che ricevono i sussidi cerca di arrestare questa procedura.
Le pratiche economiche attuali forzano la gente a cercare sempre di avere un reddito più alto, uno standard di vita maggiore, e li spingono verso un consumismo irragionevole. Sempre più donne hanno un'attività lavorativa e le donne che lavorano, hanno figli ad età più avanzata è sempre in numero minore, quindi l'Europa non riesce a seguire un aumento demografico naturale. I governi non rispondono a questo problema con i giusti programmi, e una popolazione che invecchia continuamente causa preoccupazione per l'Unione, e questo causa anche una riduzione di efficienza e capacità economica, soprattutto in rapporto ai paesi in via di sviluppo.

Spesso ci troviamo davanti a un dilemma relativamente all'attuazione del protocollo di Kyoto. L'Unione Europea si è posta l'obiettivo specifico di ridurre le emissioni dei gas serra. 
Ma la maggior parte del resto del mondo non si è posta quest'obiettivo. Ovviamente per quanto riguarda la tutela dell'ambiente e la prevenzione dei cambiamenti climatici, questa è una decisione logica ed essenziale, però diventa opinabile in un contesto internazionale.
Dati i grossi investimenti per la riduzione delle emissioni operate da tutti i settori, la produzione, i prodotti e i servizi potrebbero tutti diventare più costosi e questo abbassa la capacità dell'Unione di competere sui mercati internazionali. A questo riguardo bisognerebbe porre particolare attenzione agli Stati Uniti come partner commerciale importante per l'Europa. Eliminare questi squilibri di mercato potrebbe portare a maggiori interventi finanziari da parte dei singoli paesi o dell'Unione nel suo complesso. E questo non potrebbe essere orientato verso uno sviluppo sostenibile.

3- Passiamo ora al terzo dilemma: in determinati luoghi c'è un conflitto crescente tra la tutela della natura e lo sviluppo sostenibile. Alcuni casi illustrano bene che le cose non sono state ponderate a sufficienza. Per esempio, ampie aree per la conservazione della biodiversità, per esempio Natura 2000, che è una rete di aree in questo senso, limitano parzialmente le attività umane che possono essere svolte all'interno di queste aree.
Se l'attività umana, però, è eccessivamente limitata in queste aree si potrebbe verificare addirittura l'effetto opposto, e questo rappresenterebbe una maggiore minaccia per la biodiversità e lo sviluppo sostenibile.

Vediamo un attimo quale è stata l'esperienza della Slovenia: con l'abbandono dell'agricoltura e la migrazione da alcune zone del Carso, certe specie arboree si sono diffuse e predominano sulle altre, e questo ha portato a un impoverimento della biodiversità. Un altro esempio in questo senso è l'installazione di impianti eolici in aree che, per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse rinnovabili sono molto favorevoli, ma sono coperte da Natura 2000, e quindi non sono predisposte per lo sfruttamento del territorio in questo senso. 
Sono convinto che prima o poi l'Unione Europea riuscirà da sé a risolvere questi dilemmi, i dilemmi dello sviluppo sostenibile all'interno del sistema giuridico europeo stesso, e attraverso i suoi stessi principi l'Unione riuscirà a risolvere questi dilemmi.
Invece, sono un pò imbarazzato a rispondere alla domanda di come lo sviluppo sostenibile potrà essere garantito in ambito europeo in concorrenza con le altre superpotenze economiche mondiali, a cui non interessa tanto lo sviluppo sostenibile…"