Il naturalista e il territorio


 

 

Oggi la mappatura del territorio, tramite la meticolosa trascrizione delle specie in cui ci si è imbattuti in un certo habitat (quest'ultima indispensabile per un entomologo che intenda approfondire le sue ricerche) permette di valutare l'allargamento od il restringimento della diffusione di alcune specie, evidenziando se esse corrono seri pericoli di rarefazione, o si sono già estinte da una certa zona.

Una volta identificato l'insetto nel suo habitat, infatti, si ritiene che dovere primario del naturalista sia quello di ergersi a suo "difensore". Ovvero di sorvegliare se il territorio in cui ha registrato la presenza di una specie rara o localizzata (specialmente se protetta) è oggetto di alterazione da parte dell'intervento umano o di cause naturali (es. la ricrescita del bosco).

 


Friuli, Alpi nord-orientali presso il confine austriaco, m. 2000. Il piccolo prato a destra è uno dei pochissimi habitat conosciuti in Italia della rara Erebia eriphyle. La difficoltà di raggiungerlo impedisce che venga alterato da interventi antropici, compreso il turismo: è una fortunata eccezione.

 

In tali casi, e specialmente nel primo, sarà opportuno sensibilizzare le autorità amministrative competenti, quelle politiche, ed eventualmente i mass-media, sempre più sensibili alle questioni ambientali, e con la possibilità di influenzare le sorti in gioco. A tale proposito si raccontano due piccoli aneddoti, tratti da eventi conosciuti in prima persona:

1- Fiorente colonia di Parnassius apollo (protetta CITES) sulle prealpi venete, in provincia di Treviso, caratterizzata peraltro da un cromatismo accentuato. Sul versante montano interessato, la Forestale ha l'ottima idea di iniziare un'opera di rimboschimento senza un'approfondita analisi del territorio. Chi conosceva la presenza dei P. apollo non la ha segnalata alle autorità competenti, atto che avrebbe probabilmente bloccato i lavori. La colonia è scomparsa dopo alcuni anni.

2- Varie colonie di Lycaena dispar in Lombardia, farfalla protetta UE e in grave declino. Si decide di bonificare la zona umida di brughiera, al fine di costruirvi un complesso aeroportuale. Le colonie si sono estinte.

Si ritiene che in casi di questo genere le segnalazioni debbano essere effettuate a vari soggetti contemporaneamente (Ministero dell'ambiente - Servizio Forestale, ecc.) documentando con testi, fotografie e relazioni di soggetti qualificati la situazione esistente e la presenza dell'insetto, e proponendo una modalità concreta di intervento. E' evidente come, in certi casi, un limitato intervento antropico (es. sfalcio) od un pascolo non intensivo possano risultare indispensabili per la sopravvivenza della specie, quindi è buona norma documentarsi accuratamente.

Di fronte al silenzio delle autorità contattate, l'idea di rivolgersi alla carta stampata anche a livello locale, evidenziando l'eventuale immobilismo burocratico, può essere un valido stimolo per i soggetti refrattari, alla pari dell'idea di costituire un piccolo comitato o di ottenere il patrocinio di associazioni ambientaliste (che difficilmente si interessano motu proprio di insetti).

Un ruolo notevole in tal senso potrebbe essere rivestito dalla Direttiva 2004/35/CE, pubblicata sulla G.U. CE del 30/4/2004. Tale Direttiva prevede la risarcibilità di qualsiasi danno alle specie e agli habitat naturali protetti, causato con un comportamento doloso o colposo, ed impone taluni obblighi di ripristino.

Per le specie protette ai sensi delle leggi comunitarie, è forse possibile attuare forme più incisive di intervento.


Infine, i dati raccolti potranno dare origine a pubblicazioni specialistiche, ad esempio presso i bollettini dei locali musei di storia naturale, permettendo che tale attività di sorveglianza possa propagarsi ed essere continuata anche da generazioni successive di naturalisti.